Il primo modello elaborato in ambito di sviluppo software è il modello a cascata (waterfall model). Coerentemente con lo spirito del tempo, questo modello si basa su una strutturazione lineare e sequenziale del processo di produzione, analogamente alla catena di montaggio. 

 

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Le fasi del modello sono, una dopo l’altra: analisi, progettazione, programmazione, collaudo e manutenzione

La caratteristica fondamentale da sottolineare, nell’ottica del nostro ragionamento, è che ogni fase rappresenta un circuito chiuso che non comunica con gli altri stadi dello sviluppo. Ogni operazione inizia con un input che produce un output, il quale sarà l’input dell’operazione successiva. 

 

L’egemonia di questo modello è durata dalla sua realizzazione, negli anni Sessanta circa, è durata fino agli anni Ottanta, durante cui fu sottoposto a una dura critica e superamento. La produzione nel suo complesso stava mutando, abbandonando la mentalità della catena di montaggio e del fordismo, dando inizio alla deverticalizzazione dei processi e l’interdipendenza delle fasi della produzione

I difetti principali che si riscontrano in questo modo di procedere sono nella rigidità e nella monoliticità dell’approccio, che vincola fortemente gli stadi di sviluppo alle fasi precedenti. Inoltre, la diversificazione dei prodotti, delle esigenze e dei mercati, nel momento in cui si è sviluppata, è entrata in collisione con un modello che configura ogni produzione come un percorso omogeneo per ogni progetto.

 

L’approccio centralizzato e burocratico di questo modello è stato col tempo abbandonato, sebbene rappresenti ancora un importante canone di riferimento per le discipline di sviluppo software.