Uno dei primi esempi di crowdsourcing è il crowdsolving, ovvero come risolvere un problema grazie all’aiuto di un’intera comunità di utenti.
Questo tipo di risorsa è utilizzata spesso nella comunità scientifica, ma non sono pochi i casi del suo impiego nel mondo del business.
Il vantaggio economico portato dal crowdsolving non è da sottovalutare. I problemi che affliggono le società richiedono personale altamente qualificato per essere risolti, vista l’alta difficoltà che li contraddistingue. Assumere tale personale è estremamente costoso e non garantisce la risoluzione del problema.
Piattaforme come InnoCentive aggirano totalmente la necessità di pagare un team. Pubblicando il problema sulla piattaforma sarà visualizzabile a tutti i suoi utenti e saranno solo quanti l’avranno risolto a vincere un premio.
La naturale perplessità che sorge a questo punto è quella sulla competenza. Ovvero sarà in grado l’utenza di un sito di risolvere problemi di tale portata?
Sorprendentemente sì. Le osservazioni dimostrano non solo che l’utenza è in grado di risolvere tali problemi, ma che lo sforzo collettivo è più proficuo e si ottiene un’intelligenza collettiva superiore alla somma delle sue parti.
Come si spiega tutto ciò?
Ci sono due fattori in gioco. Il primo è la capacità della comunità di autogestirsi e di escludere e selezionare gli elementi della soluzione creando una vera e propria mente collettiva. Il secondo fattore è il bagaglio culturale e di esperienze dei singoli individui. Molto spesso quanti partecipano sono persone altamente qualificate in discipline diverse da quella in cui è classificato il problema. Le capacità di problem solving generate in un altro ambiente, unite al loro sguardo da una prospettiva diversa, sono spesso sufficienti ad raggiungere una soluzione.
Esistono casi come quello di InnoCentive che nel 2006 contava un 30% di soluzioni trovate con successo (cifra molto più importante di quanto possa apparire data la natura dei problemi).
Nel campo scientifico questo strumento è utilizzato egualmente con enorme successo. Impiegando un processo di “gamification”, ovvero utilizzando un modello di gioco, si coinvolge un ampio bacino d’utenza che partecipa al progetto per divertimento. Rendendo cose come disegnare delle molecole dalle determinate caratteristiche dei puzzle, che la comunità compete per risolvere.
Ancora una volta questo si rivela lo strumento migliore, visto che i partecipanti hanno una capacità di riconoscere elementi ricorrenti molto funzionale, fornendo quindi soluzioni efficientemente ed economicamente. Le macchine a questo punto devono solo verificare la validità della soluzione e gli scienziati sintetizzare le molecole in laboratorio per condurre i dovuti test.