
Informazioni base
El baño de Frida
Autrice: Graciela Iturbide
A cura di: Marco Delogu
Edizione italiana: Punctum
Libro acquistabile sul sito di Punctum
El baño de Frida
La Casa Azul di Coyoacán, residenza messicana di Frida Kahlo e oggi museo a lei dedicato, è una costruzione cobalto, decorata da quadri alle pareti e mobili colorati. Un’esplosione di luce e policromia, in cui tutte le stanze sono aperte al pubblico. Tutte, tranne una.
Graciela Iturbide apre la porta di quell’unica stanza che rivela il bagno di Frida. Il colore è assente e gli oggetti che sono al suo interno svelano un’altra realtà, fatta di dolore, segni tangibili – e visibili – di sofferenza. Busti, attrezzi medici, arti artificiali, abiti usati, macchiati. Tutto nel bagno di Frida parla del suo lato più intimo, quello che emerge quando si spoglia dei colori e dei vestiti della tradizione messicana.
La scelta della Iturbide cade su un formato da 120. Il risultato finale – assolutamente non casuale – è fatto di 12 scatti in bianco e nero, capaci di annullare la distanza fra chi sfoglia le pagine e i luoghi che osserva. Sono briciole di memoria: molto distanti nel tempo e nello spazio, eppure talmente vicine da sembrare tangibili.
Cosa ci piace di questo libro
Guardate in maniera distratta, le foto della Iturbide sembrano delle grafiche. Ma basta avvicinare lo sguardo per rendersi conto che la composizione geometrica perde progressivamente senso e interesse, per lasciare prepotentemente spazio al contenuto. Emerge poco del “personaggio” Frida e tanto della “persona”: una sessualità maltrattata, una fragilità urlata. E molto altro.
“Un materiale visivo disturbante, carico di dolore e di gesti segreti e quotidiani”, lo definisce Cristiana Perrella nell’introduzione al testo. E a pensarci bene è vero. Perché nella solitudine della Frida nascosta, tanto capace di amare la vita quanto costretta al dolore nella sua lotta quotidiana, c’è davvero tutto il suo mondo interiore. In un dialogo serrato con la protagonista di quelle pagine, la Iturbide diventa pian piano il suo alter ego, sostituendosi a lei nella foto iniziale che richiama (e ribalta) il suo Lo que el agua me dio.
Gracie Iturbide racconta così il suo lavoro in un’intervista del 2012.
Altra particolarità del testo, che abbiamo particolarmente apprezzato, riguarda un aspetto formale: la rilegatura. Il modo in cui il libro è stato costruito e l’impossibilità di tenerlo aperto senza un contatto reale con le sue pagine, costringe ad un avvicinamento anche fisico con le immagini. Un’intimità “aggiuntiva” che rende più intensa la percezione del contenuto immagine dopo immagine.