
Sebastião Salgado è un fotografo di origine brasiliana, attualmente residente in Francia. Nato nel 1944, Salgado ha svolto studi di natura economica e statistica, per poi dedicarsi alla fotografia all’inizio degli anni ’70. Ha svolto numerosissimi reportage di argomento sociale, umanitario e bellico. Nel corso della sua carriera Salgado ha vinto numerosissimi riconoscimenti molto prestigiosi sia per il suo impegno sociale sia per la straordinaria qualità delle sue immagini.
E’ più volte stato nominato fotografo dell’anno dal World Press Photo, il più grande e prestigioso concorso di fotogiornalismo al mondo.
Fra le tematiche più care a Salgado vi sono la povertà, le condizioni di lavoro nei Paesi in via di sviluppo, le migrazioni e gli effetti della globalizzazione su popoli indigeni e società tradizionali. I suoi reportage sono stati pubblicati dalle riviste più prestigiose di moltissimi Paesi del mondo e raccolte in diversi volumi di grande successo. Salgado però no è mai stato un fotogiornalista alla ricerca delle notizie e degli scoop, ma ha sempre preferito concentrarsi su situazioni critiche, come la siccità in Sahel, oppure su tematiche come la dignità del lavoro nelle zone più povere del mondo.
Fra le opere più imponenti di Salgado vi sono ‘La mano dell’uomo’ e ‘Genesis’. La prima è una grande raccolta di immagini sul tema del lavoro, soprattutto manuale.
Il fotografo immortala lavoratori nelle miniere d’oro del Brasile, in Africa e nei pozzi petroliferi del Medio Oriente. Nonostante molte immagini illustrino persone in situazioni drammatiche o disperate, Salgado ha sempre inteso trasmettere con le sue immagini la dignità del lavoro e la sua forza, nonostante ritragga le occupazioni più umili e degradanti, svolte spesso in ambienti estremamente difficili e ostili. Il suo sguardo è sempre distaccato ed obiettivo, pur trasmettendo empatia e partecipazione emotiva.
Per realizzare il progetto Genesis invece Salgado ha girato il mondo alla ricerca degli scorci naturali più potenti e suggestivi. Il suo scopo era quello di immortalare la natura incontaminata, dove ancora le tracce dell’uomo moderno e della tecnologia non l’avevano modificata o stravolta. Il risultato è stato pubblicato in volume e con le sue immagini è stata realizzata una mostra itinerante di grande successo, che ha toccato anche le principali città italiane.
Salgado utilizzò per tutta la prima parte della sua carriera una Leica da 35 mm, di cui apprezzava particolarmente la qualità degli obiettivi, con pellicole in bianco e nero, per poi passare ad una Pentax, che permetteva di realizzare stampe di formato più grande. Per realizzare il suo progetto Genesis Salgado ha invece cominciato ad utilizzare una macchina fotografica digitale, una Canon 1Ds Mark III da 21 megapixel, che gli permetteva di spostarsi per il mondo con un ingombro minore: secondo i suoi calcoli avrebbe infatti dovuto viaggiare per tutto il pianeta con oltre 30 kg di pellicola.
A Salgado è stato dedicato anche un film documentario, Il sale della Terra, diretto dal figlio del fotografo stesso, Juliano Ribeiro Salgado, insieme a Wim Wenders. Presentato al Festival di Cannes del 2014, il film ha ottenuto un ottimo successo di critica ed ha ricevuto, fra gli altri riconoscimenti, una nomination agli Oscar come miglior documentario. Il film narra in parte la biografia del fotografo, concentrandosi principalmente sulle sue opere maggiori e sulla nascita e i retroscena dei suoi reportage.